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IL RACCONTO D’AVVENTURA
             IL  R A CC O N T O  D ’ A V V E N T U R A

               PICCOLE EROINE
               PI C C O L E   E R OI N E






















                                                   Ragazze coraggiose



                                                   In fondo alla grotta c’era un buco a forma di porta e, dentro, una
                                                   galleria stretta che diventava subito buia.
                                                   Ippolita mi raccontò che c’era già stata una volta da sola, ma appena
                                                   entrata era scappata subito via perché i pipistrelli le facevano davvero
                                                   impressione.
                                                   A me non tanto. Ne avevo visti due l’estate prima, appesi a testa in
                                                   giù nel solaio della casa di mia nonna, e non mi erano parsi poi tanto
                                                   terribili. Un po’ buffi, anzi.
                                                   Così dissi, con il tono della persona sicura di sé, che i pipistrelli

                                                   di giorno dormono e bastava non svegliarli.
                                                   La presi per mano e cominciai a tirarmela dietro, un passo dopo l’altro,
                                                   voltando le spalle al chiaro dell’entrata. I muri della galleria erano
                                                   lucidi per l’umidità; c’era odore di muffa, come quello di una vecchia
                                                   cantina, e un altro odore, come di terra marcia, mai toccata dal sole.
                                                   Sciac sciac, facevano i nostri passi sul terreno fangoso.
                                                   Tututun tututun, il cuore.

                                                   A un tratto sentii sulla faccia un tocco leggero, come di un fantasma,
                                                   ma appiccicaticcio. Chissà che urlo avrei tirato, se non mi fosse
                                                   venuto subito in mente che non dovevo disturbare i pipistrelli e che,
                                                   soprattutto, quella era di certo una ragnatela.
                                                   – Uh! – mi uscì. Questo non avevo fatto in tempo a trattenerlo.
                                                   Sentii Ippolita aggrapparsi alle mie spalle: – Che cosa c’è? Perché
                                                   ti sei fermata?
                                                   – Ma niente. Una ragnatela.
                                                   Dopo pochi passi la galleria faceva un gomito e ci siamo trovate

                                                   di punto in bianco nel buio più fitto. Non si vedeva proprio niente,
                                                   fortuna che avevamo portato una torcia.



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